Il progetto

Il progetto di ricerca The lexicalization of the adjective class in Indo-European and Semitic (codice MUR: 2022WHZJ98) si colloca all’intersezione tra la linguistica storica e quella tipologica. I suoi principali ambiti di indagine riguardano la tipologia delle classi di parole, la linguistica indoeuropea e semitica, nonché il metalinguaggio della linguistica, la morfologia teorica e la storia delle scienze del linguaggio. 

È noto che, ad oggi, non è ancora stata proposta una teoria universalmente accettata e internamente coerente per la classificazione delle classi di parole. Inoltre, alcuni studiosi ritengono non solo che tale teoria sia attualmente assente, ma che essa sia, in linea di principio, impossibile. Il progetto si propone di mettere in discussione questa posizione attraverso due contributi principali: 

i) l’elaborazione di una nuova teoria coerente di classificazione delle classi di parole, applicabile trasversalmente alle lingue e verificata su un campione bilanciato di 60 lingue; 

ii) l’applicazione di tale teoria per analizzare un importante mutamento tipologico — finora trascurato o poco studiato — avvenuto in due tra le più antiche famiglie linguistiche del mondo, ovvero la famiglia indoeuropea e quella semitica. 

Queste famiglie sono state selezionate per la loro lunga e ininterrotta tradizione testuale, che consente di ricostruire sviluppi tipologici di lungo periodo. Inoltre, entrambe testimoniano un tipo di mutamento finora mai descritto in letteratura. Riadattando il concetto di grammaticalizzazione, definiamo questo nuovo tipo di mutamento con il termine lessicalizzazione: l’emergere di una classe primaria di morfemi aggettivali all’interno del lessico di una lingua. Più precisamente, si tratta del passaggio di una classe “maggiore” dal dominio delle costruzioni (ossia dalla grammatica, in particolare dalla formazione delle parole) a quello del lessico. In entrambe le famiglie linguistiche analizzate, è la classe degli aggettivi a essere coinvolta in questo processo di lessicalizzazione. 

Individuare tale mutamento consente non solo di approfondire la comprensione della linguistica tipologica, ma anche di proporre una definizione funzionale e valida su base comparativa di un’unità fondamentale (e molto discussa) della linguistica storica: la radice. Finora, nessuno ha messo in relazione il concetto di radice con la tipologia delle classi di parole. La maggior parte degli studiosi tende anzi a escludere tale legame, considerando la radice come una nozione puramente diacronica o formale (ad esempio, uno schema consonantico), oppure come un semplice tema verbale designato con un termine diverso in ossequio alla tradizione dei grammatici indiani e arabi che per primi introdussero questa etichetta (ad es., sscr. dhātu- ‘base, fondamento’; ar. ’aṣl o mādda ’aṣliyya ‘radice, tronco’; ebr. šoreš, con lo stesso significato). 

Il progetto si oppone a questa visione, dimostrando che la radice in sanscrito e in arabo non corrisponde né a un’unità puramente formale né esclusivamente diacronica. Al contrario, essa rappresenta il morfema lessicale in un sistema che distingue solo due classi principali di morfemi: le radici verbali e i nomi. In tali sistemi, gli aggettivi emergono tipicamente come temi derivati — ossia nominalizzazioni — formati a partire da verbi che esprimono qualità, in linea con la nozione di verb-like adjectives proposta da Dixon.